Di cosa è fatta una creazione artigianale?
Come amo spesso dire, di molto più della somma delle sue parti.
Come avevo annunciato sui miei social, voglio inaugurare un piccolo appuntamento in cui vi racconto a modo mio quali sono le fasi più significative della nascita di una mia creatura, un equilibrio di pensiero e materia che non è mai lo stesso, ma che è sempre intriso della medesima vitalità.
E' un appuntamento che cade bene nella definizione della mia già presente rubrica Creo Ergo Sum. E lo inauguro cominciando dalle idee (e da dove sennò?).
Le idee che mettono in movimento la Fucina nascono dall'incontro di un'intuizione con il mondo iperuranio delle fonti a cui normalmente mi abbevero come persona, ovvero quello che leggo e studio, quello che ascolto, e quello che vedo nel mio tempo libero,
Libri, film, pittura e musica mi offrono le storie con cui costruisco le mie trame, quei tessuti che mi vivo addosso, e che poi inevitabilmente diventano parte di quello che racconto io con le mie creature (spoiler: quella del racconto sarà un'altra delle tappe di questo percorso).
A volte è un rapporto semplice e diretto: dalla fonte alla realizzazione. Succede soprattutto quando studio dei pezzi che abbiano degli argomenti ben precisi, e organizzo la mia pianificazione in anticipo. Per chi già conosce i miei lavori, è il tipo di rapporto che ad esempio dà vita alle mie collezioni a tema. In questo caso trovare le idee che mi servono è un po' come andare in biblioteca, a cercare esattamente quello che mi serve sotto forma di riferimenti, simbologia, citazioni... elementi precisi, quasi didascalici, Questo non significa che sia sempre semplice trovare esattamente quello che cerco. Diciamo che quanto meno l'ambito sembra essere più circoscritto.
Altre volte il rapporto è più proustiano: un dettaglio passeggero mi accende un ricordo, un collegamento con libro che ho letto, o con l'emozione che mi provoca ascoltare una certa canzone. Parto da quella scintilla per creare qualcosa che trasmetta a chi la sceglierà le mie stesse sensazioni, e quel senso di palpitante meraviglia che è alla base del mio lavoro.
Questa scintilla spesso nasce anche da uno sguardo casuale a quello che giace sul mio banco di lavoro: un componente appoggiato lì incidentalmente o scartato da altri lavori, una pietra, una resina o una stampa mi catturano l'occhio e il cuore, e trovano così il loro scopo.
Quest'ultimo è il processo che preferisco a livello emozionale: è la liberazione del mio intuito, nonché la possibilità lasciare a briglia sciolta la mia creatività. Neanche questa è una fase facile, perché ha comunque bisogno di essere ricondotta con disciplina entro gli ambiti dei miei processi lavorativi più materiali. Soprattutto, dalla sua fase più immediata ed emotiva, ha bisogno di essere ripulita e tradotta in qualcosa che possa colpire e significare anche al di fuori di me.
Non tutte le mie idee prendono vita subito, ci mancherebbe. Alcune restano schizzi e possibilità per mesi. Anni, anche. Altre invece scatenano subito la ricerca dei materiali e delle soluzioni più adatte: ma qui siamo già nella fase della concretezza.
Ammetto di non essere particolarmente capace a fare schizzi tecnici, sono più che altro appunti per tenere a mente le basi su cui voglio lavorare. Ho una grande capacità di memorizzare i dettagli, soprattutto quando li associo subito ad un nome: molte mie creazioni hanno un nome ancora prima che le completi (è interessante questa cosa, visto che, mitologicamente parlando, chiamare qualcosa è già dare il via alla sua esistenza). Oltre alle strutture, mi appunto spesso concetti che mi passano per la testa, collage di immagini, concatenazioni mentali.
In questo mondo delle idee c'è posto anche per quello che esula da una dimensione colta? Ovvio che sì. Ho parlato di libri, di film, di arte e di musica, ma non vivo in una bolla di sapone, e tra le idee che mi ispirano ci sono anche aspetti quotidiani che vivo e vedo ogni giorno, nella misura in cui acquistano anche per un attimo un'importanza significativa. Può essere una frase sentita per strada, o cosa indossa un passante casuale. La nostra mente è in continuo movimento. Immagino la mia come una ginnasta equilibrista che salta da un attrezzo all'alto. I suoi gesti visti da lontano possono sembrare inconcepibili e un po' caotici. ma nell'insieme tracciano connessioni preziose.
Quanto tempo prende, nell'economia del mio lavoro, la parte dedicata alle idee? Ovviamente dipende. A volte le idee fanno fatica ad arrivare, o magari arrivano ma non sono così immediatamente realizzabili. A volte mi ci vogliono giorni per sbozzare una buona idea, una base teorica efficace dalla quale partire. Poi il pezzo può prendere vita anche in poche ore.
Alla fine, delle varie fasi attraverso le quali si giunge all'opera finita quella dell'idea è tra le più difficili, anche quando la testa è piena di suggerimenti, e là fuori il mondo pullula di meraviglia alla quale ispirarsi. Forse perché sotto sotto un'idea è, a modo suo, una forma di introspezione: non una mera applicazione di formule tecniche, ma il tentativo di dare corpo a un pezzettino di anima, a un'emozione, a un ricordo.
Questo ideale non mi abbandona neanche nella ricerca del materiale. Ma questo ve lo racconterò nella prossima puntata.
Intanto grazie per avermi seguito fin qui.
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