Sono Simona, le mani, la mente e il cuore dietro al progetto Hic Sunt Monstra, e questo è il mio blog, dove vi parlo prevalentemente di artigianato e ispirazione. Scrivere è una mia grande passione, spero di riuscire a coinvolgervi nel mio lavoro e nel mio mondo anche tramite i miei post.

Da anni sono innamorata della Luna, non solo della sua presenza fisica ma anche dei suoi riferimenti simbolici, della mitologia e di tutte le leggende di cui è protagonista.
E così, mentre quest'anno riporto tutta la magia delle Lune piene del folklore nel mio immaginario creativo, ho deciso di accompagnare ciascuna Luna piena con un racconto.
La Luna del Ghiaccio parla di mancanze e di rinascite, di fame e di speranza. E come tutte le Lune invernali, ci chiama al silenzio e all'ascolto dei nostri bisogni.
Non siamo più nel cuore della stagione più difficile, quella che anticamente l'essere umano riusciva a superare solo facendo scorte di viveri e di coraggio. Non a caso questa Luna Piena è conosciuta anche come Luna della Fame.
Ma mentre da una parte le scorte si assottigliano, dall'altra la Natura mostra qualche timido segno di risveglio. Ci chiama quindi a resistere ancora un po': un nuovo ciclo si avvicina.
In questo racconto ho immaginato una perdita, e ho immaginato un messaggio che invitasse al cambiamento, all'amore e dalla comprensione di se stesse: è quello che la Luna mi regala ogni volta.
© Simona Bonanni - febbraio 2025
Ilse guardò fuori dalla finestra. Attorno a lei, solo una distesa di ghiaccio, resa ancora più diafana dalla luce pallida e intensa della Luna piena di febbraio. Un paesaggio immobile, sospeso nel respiro trattenuto della notte.
Aprì il palmo della mano. Sua nonna, pochi minuti prima, vi aveva deposto una manciata di semi, chiudendole dolcemente le dita a pugno. O almeno, aveva provato a farlo. Ma la sua debolezza non le aveva consentito che una carezza.
La nonna non c'era più.
Se n'era andata sorridendo. Ilse non riusciva a capire come un essere umano, spegnendosi, potesse mostrarsi così sereno. Lei era devastata. Un vuoto lacerante si era aperto dentro di lei, come una crepa nel ghiaccio.
Le lacrime le offuscarono la vista e fu come se il panorama davanti ai suoi occhi tremasse insieme alla sua commozione. Ricordò tutti gli inverni trascorsi davanti a quella finestra, incantata dalla neve e dal ghiaccio che brillavano sotto il chiarore lunare.
Alle sue spalle, la nonna le raccontava storie di piccole genti magiche, di regine e di eroi. E le sussurrava che la Luna ha un suo modo speciale di prendersi cura della vita. Ma i dettagli di quelle storie erano svaniti nel tempo, dissolvendosi con il suo mondo di bambina.
Non erano solo le storie a essersi perdute. Ilse avvertì un dolore ancora più acuto nel petto: non era solo la nonna a mancarle, con lei se n'era andata anche la sua innocenza e la sua immaginazione. Con la dipartita della figura più importante della sua vita, Ilse aveva perso anche la custode dei suoi sogni.
Era la nonna che la spronava a credere in se stessa. Lo aveva sempre fatto.
Accanto a quella donna ormai curva e rugosa, la ragazza sentiva sempre di tornare a casa, al cuore di ciò la faceva sentire viva. "Sei la mia strega!" le diceva, abbracciandola forte, ultimamente con la paura di soffocare quel corpo che non aveva più niente dell'energica contadina che la nonna era stata una volta.
E la nonna rideva, ma non era una risata di scherno. Sembrava più dire "Ovviamente lo sono!" ma anche "E tu sei la mia."
Poi, però, Ilse tornava in città. Alla routine di una vita in cui aveva sempre dovuto accontentarsi di fare ciò doveva e mai quello che voleva. E la magia che la nonna le infondeva sfioriva, ogni volta un po' di più. Finché Ilse non si era sentita del tutto prosciugata: un involucro vuoto, senz'anima.
Adesso che la nonna l'aveva lasciata, da chi poteva tornare? Come poteva ritrovare la bambina piena di energie e di progetti, la piccola strega che sembrava avere il mondo in pugno?
Ilse strinse forte i semi tra le dita, poi li infilò in tasca. Aveva bisogno delle mani libere per aprire la lettera che la nonna le aveva lasciato, nascosta sotto il suo cuscino. L'avevano trovata le donne che avevano vegliato con lei per tutto il tempo, facendo sì che il passaggio della vecchia fosse il più dolce possibile.
La carta era spessa, ruvida, come quelle di una volta. Sembrava fatta di stracci pressati. Con grande sorpresa di Ilse, la data era molto lontana nel tempo: risaliva a quando lei aveva solo 10 anni. I suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime.
"Cara Ilse,
Se stai leggendo questa lettera, io avrò abbandonato le mie spoglie mortali. Spero che queste parole ti raggiungano il più tardi possibile. Ma so che, quando accadrà, avrai bisogno di conforto. Così ho deciso di scriverti stanotte, mentre dormi serena dopo la tua fiaba della buonanotte. La mia mente è lucida, il mio spirito saldo. Ed è così che voglio parlarti del futuro.
La vita è un ciclo strano, sai? Porta sempre e comunque a una fine. Ma finché sarò con te, non smetterò mai di ricordarti quanto sei speciale, e di spronarti a coltivare i tuoi sogni. Perché so anche che la vita può essere crudele e avara. Le persone come te, le più luminose, sono spesso anche le più sensibili: il mondo là fuori può divorarle in un solo boccone.
Forse sarai forte e non smetterai mai di credere. O forse, un giorno, penserai che non valga più la pena sognare, e ti lascerai spegnere.
NON FARLO.
Ricordi la fiaba della Luna di Ghiaccio? Quando il Piccolo Popolo sembrava morire di fame, con solo la neve da succhiare, eppure sotto quella coltre di freddo giacevano - protetti da ogni avversità - i semi dei primi frutti, pronti a germogliare? Sii come il Piccolo Popolo. Abbi fede nei semi sotto la neve. Sono i tuoi desideri, che sbocceranno ai primi tepori.
Ogni difficoltà, ogni dolore, ogni perdita sarà la tua Luna di Ghiaccio. Guardala splendere. E ricorda quanto splendi tu.
Sai, da molti anni, da quando ero poco più grande di te, conservo un mucchietto di semi che portai con me quando, con i miei genitori, dal mio luogo natale mi spostai qui, dove vivo adesso. Ricordo che era febbraio, e sembravamo portarci dietro solo un terribile gelo.
Quei semi erano il mio promemoria: un pugno di sogni coraggiosi, per non dimenticare mai cosa volevo, neanche nei momenti più duri. Non ho avuto tutto, ma ho avuto TANTO (inclusa te, mia meravigliosa nipote), e sono grata alla vita. Molto.
Ora quei semi sono tuoi. Forse li troverai con questa lettera, forse te li darò di persona. Qualunque sia il momento, voglio che ti ricordino ciò che porti dentro.
Anche sotto il ghiaccio del dolore, non dubitare. Rifiorisci.
Con immenso amore,
La Nonna."
Forse fu un abbraccio, quello che Ilse sentì in quel momento. Non di un corpo, ma di amore puro, di pensieri che la sorreggevano come radici profonde. Il peso che per anni le aveva gravato sulle spalle scivolò a terra, come una lastra di ghiaccio che si scioglie al primo tepore.
Sua nonna era ancora lì. Nelle pareti della casa, nelle piccole cose, in quei semi che...
Ilse si avvolse nello scialle di lana della nonna, lo stesso che da giorni giaceva sulla sedia, lì dove lei lo aveva lasciato prima di ammalarsi. La giovane uscì nel gelo, fece il giro della casa e si fermò nel campo, che alla luce della Luna sembrava un palcoscenico pronto per una nuova fiaba.
Con una piccola vanga scavò una buca nella terra indurita, poi vi depose i semi e ricoprì tutto con cura. Inspirò profondamente, sollevò il viso alla Luna e pregò come la nonna le aveva insegnato:
"Oh bianca Signora del Silenzio,
che domini i cieli con il tuo chiarore eterno,
accogli il mio sussurro nel gelo dell’inverno.
Oh bianca Luna del Ghiaccio,
guidami nella notte e ascolta il mio canto,
fa' che i miei sogni germoglino al tuo incanto."
E in quel momento, Ilse ricordò. Ricordò tutto.
La sua vita ricominciava da lì.
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