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Il risveglio - un racconto

  • Immagine del redattore: Simona
    Simona
  • 11 apr
  • Tempo di lettura: 5 min

Sono Simona, le mani, la mente e il cuore dietro al progetto Hic Sunt Monstra, e questo è il mio blog, dove vi parlo prevalentemente di artigianato e ispirazione. Scrivere è una mia grande passione, spero di riuscire a coinvolgervi nel mio lavoro e nel mio mondo anche tramite i miei post.



Gioiello con serpente e luna piena

Da anni sono innamorata della Luna, non solo della sua presenza fisica ma anche dei suoi riferimenti simbolici, della mitologia e di tutte le leggende di cui è protagonista.


E così, mentre quest'anno riporto tutta la magia delle Lune piene del folklore nel mio immaginario creativo, ho deciso di accompagnare ciascuna Luna piena con un racconto.


La Luna del Risveglio ci fa finalmente assaporare le vere energie della primavera e ci invita a scrollarci di dosso ogni senso di pesantezza per vivere con leggerezza nuove sensazioni.


La Natura torna a manifestarsi piena di vita e slancio, e noi siamo chiamate al fuori, in un momento di perfetta unione tra corpo e anima, entrambi destati ad un nuovo entusiasmante inizio.


Questa Luna è nota anche come Luna della Crescita, un vigore che si manifesta ovunque attorno a noi, nel cuore di un bosco tanto quanto nelle aree urbane, dove le piante si accontentano anche di un po' di terra tra il cemento, pur di poter vivere.


Il risveglio dovrebbe essere una cosa semplice e naturale, mossa soprattutto dall'amore per noi stesse. Il mio racconto dedicato alla Luna piena di aprile è breve, poetico e carico di suggestioni mistiche. Le creature magiche che mi hanno prestato la loro voce tornano in eterno tornano a desiderare la vita: per motivi semplici eppure essenziali. Credo sia il cuore della vera magia. E ogni tanto ciascuna di noi dovrebbe ricordarlo.



© Simona Bonanni - aprile 2025



Accadeva tutti gli anni, con la Luna piena di aprile.


Tra le rovine di un vecchio edificio, ormai ricoperte di piante rampicanti, loro si risvegliavano.

Assieme alle foglie, ai primi germogli, ai teneri fili d’erba e ai cuccioli degli animali del bosco, il popolo magico delle figlie della Natura apriva gli occhi e si preparava a vivere la stagione più calda.


Illüe era una di loro.


Il suo posto era dietro una vecchia pietra — ciò che restava di un antico altare. Era lì che Illüe si addormentava alle soglie dell’inverno, ed era lì che apriva gli occhi quando la Luna piena di aprile splendeva nel cielo. Capelli rosso scuro, occhi profondi e pelle diafana, Illüe viveva nuda: non aveva bisogno di vestiti. Ma se un essere umano l’avesse mai scorta durante il giorno, mentre vagava incauto nel bosco, l’avrebbe vista avvolta da una veste verde senza forma, quasi un telo drappeggiato a caso attorno al corpo.


llüe si svegliava sempre quando iniziava a pizzicarle il naso. Ogni figlia aveva il suo modo di tornare alla vita. Aprì gli occhi, scosse la testa, e avvertì che alcune sorelle avevano cominciato la festa: proprio lì vicino, dove un muro crollato affacciava su una radura del bosco, le figlie avevano acceso un falò e danzavano sotto la Luna. Se un essere umano le avesse viste ora, nella notte, mentre vagava incauto nel bosco, avrebbe notato solo dei puntini luminosi girare vorticosamente in cerchio.


Illüe si prese solo un attimo per stirarsi le membra ancora pesanti di sonno. La Luna piena faceva capolino da un’ogiva vuota, miracolosamente rimasta intatta all’assalto dei secoli. La sua luce limpida era come un sole nella notte. Nonostante l’aria fosse ancora fresca, un profumo di nuovo e di vita esalava dalla tiepida terra umida. Illüe lo sentì nei piedi e tra le scapole, là dove la sua natura stava per farle spuntare due ali traslucide: era tempo di ballare, era tempo di vivere.


Illüe raggiunse le sue sorelle attorno al fuoco: Miranë, Luvalië, Lütya, Bramania, Fingolä, Capucina, Sinüe. e facevano quello che sapevano fare meglio, e non avrebbero fatto altro fino all'inverno. Quella era la loro breve ma intensa vita, fatta solo di balli notturni, di piccoli dispetti, di giochi e di racconti attorno al fuoco. Avrebbero bevuto la rugiada dalle campane dei fiori e masticato l'erba tenera e le piccole radici. Ogni tanto avrebbero barattato una bacca con gli animali del bosco, in cambio di una piccola magia, sempre in perfetta allegria.


Non conoscevano il sonno, le figlie della Natura, perché la loro vita durava solo qualche mese. Ma era un tempo pieno, colmo di puro piacere e divertimento. Le loro risate, spesso confuse col vento o col suono dei torrenti, avrebbero echeggiato nel bosco, e i loro piedi avrebbero arruffato l’erba fino a intrecciarla. Avrebbero assunto piccole forme alate per dondolarsi dai rami e dai rovi, per poi tornare nelle loro sembianze femminili e fare il bagno nei corsi o giocare a nascondino tra gli alberi.

Da secoli sapevano tutte che la loro vita era breve, e al tempo stesso eterna. La loro occasione era nel risveglio. Il loro unico motivo: la pura gioia di esistere.


Illüe si guardò attorno e ricordò tutte le volte in cui aveva aperto gli occhi in quel luogo — o in luoghi simili. Ricordò quando quel palazzo era ancora integro, e gli esseri umani lo abitavano: famiglie che si erano avvicendate, di generazione in generazione. All’epoca lei e le sue sorelle si risvegliavano nel boschetto lì attorno. E c’era stato un tempo ancora più remoto, in cui gli umani vivevano in capanne, e alle figlie della Natura erano dedicati piccoli templi.

Ma da allora erano passati tanti, tantissimi risvegli.

Ora la loro casa era tra le rovine del passato, luoghi che ancora trattenevano l’energia di vite antiche, e l’avvicendarsi delle stagioni e dei secoli, come un racconto di un bardo, a cui ogni volta si poteva aggiungere una strofa nuova.


Le sue sorelle iniziarono a cantare. Sembrava un mugolio senza senso, neanche particolarmente intonato — ma per ciascuna di loro aveva un significato profondo. Illüe si unì al canto. Era il loro modo di ufficializzare il risveglio, di dire al mondo: "Ecco, ci siamo di nuovo."

Ognuna cantava il motivo del proprio ritorno alla luce e alla vita. Non importava da quanti secoli ciascuna di loro, con la Luna piena d’aprile, tornasse a riprendersi il proprio posto nel mondo: ogni anno, ognuna aveva le sue parole per raccontare quanto amava quel momento.

Illüe, come le sue sorelle, aveva quelle parole scritte dentro e addosso, in ogni parte di sé. E mentre cantava, le parole le crescevano dal cuore alla gola e alla lingua. Le avrebbe cantate per tutta la notte:


"Mi risveglio perché è la magia che mi ha dato forma.

Dopo che la notte più lunga ha protetto il mio sonno e i miei sogni.

Torno perché ho una pelle che brama il vento.

Torno perché i miei occhi si riempiano del verde delle foglie,

e la mia lingua del dolce nettare dei fiori e della fresca pioggia.

Ora le mie orecchie vivono per le voci delle mie sorelle,

e il mio sguardo per la luce della Luna, che si intreccia ai miei capelli.

Il mio corpo cercherà il fiume e le sue acque,

il calore del sole, la danza e l’amore di ciò che mi circonda,

finché non sarà tempo di dormire di nuovo."



Illüe sorrise.

Le parole, in fondo, erano poca cosa rispetto a tutto ciò che avrebbe vissuto — e vissuto ancora, senza mai vederne la fine.


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