La dea scelta per la creazione lunare del mese di maggio non è una figura che associamo filologicamente alla Luna. Eppure la sua complessa figura trova una collocazione perfetta in quella che è la ciclicità delle fasi lunari, e ne arricchisce le associazioni più immediate con il suo manto oscuro e un po' macabro.
Morrigan è una delle principali divinità irlandesi, il cui nome significherebbe grande regina. Divinità mutaforma, più frequentemente associata al corvo, alla cornacchia o al lupo, è la dea dei campi di battaglia per antonomasia: non solo, infatti, richiama i guerrieri alla lotta, ma ne reclama la vita per nell'aldilà, anche in modo assai macabro (ovvero cibandosi dei loro resti).
Figura capricciosa e irosa come molte grandi divinità del pantheon mondiale, Morrigan è associata anche alla sessualità e alla fertilità, in quel connubio di eros e thanatos che permea in modo significativo le culture più arcaiche. Il potere seduttivo resterebbe soprattutto connesso alla guerra: ammaliare i soldati per portarli a combattere.
Morrigan si traduce nella cultura popolare in altre figure mitologiche e semi magiche, tra le quali ricordiamo Morgana, altro mio personaggio di riferimento che non tarderò ad approfondire anche a livello creativo. In effetti è proprio tramite Morgana e il lavoro iniziato sulla sua tradizione che ho pensato a Morrigan come divinità di questo mese, a discapito di altre dee più immediatamente connesse alle fasi lunari. Complice sicuramente anche il periodo forte da cui stiamo solo ora pian piano emergendo, e che ha lasciato nei nostri micro e macro campi di battaglia i frutti di una lotta non indifferente, Morrigan si erge come dea della fase calante e oscura del nostro percorso, ma che come tale cova in sé i semi di una ricrescita. Non a caso anche Morrigan, nelle tradizioni più antiche, faceva parte di una triade di divinità che simboleggiava proprio le tre fasi salienti dell'esistenza: nascita, vita e morte.
In questa sua accezione violenta e selvaggia, la figura di Morrigan si collega ad altre divinità di diverse origini, di cui abbiamo spesso solo visto il lato più macabro: un esempio su tutti, la dea Kalì. Eppure Morrigan che più di tutto ama ammantarsi di piume nere, come la dea uccello nel neolitico di cui ci narra Marija Gimbutas, non implica mai morte senza rigenerazione: queste due fasi, se scorrono veloci una dopo l'altra, altro non raffigurano che la transizione e il cambiamento insito in tutte le cose. E sempre non a caso il corvo come animale magico porta in sé caratteristiche sia positive che negative, ma resta comunque l'animale guida di chi si perde nella notte e nell'oscurità, e in quel sottile limbo che separa i vivi dai morti, come ci ha insegnato anche la trama di un famosissimo film di culto.
Morrigan è la fase della strega, è la forza dei semi nel buio, ma non una forza silenziosa e dimessa, una forza che risuona del clangore delle nostre armi. In questo suo impatto da cavalleria pesante oggi io mi sono ritrovata.
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