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Venti di Luna - un racconto

  • Immagine del redattore: Simona
    Simona
  • 14 mar
  • Tempo di lettura: 7 min

Sono Simona, le mani, la mente e il cuore dietro al progetto Hic Sunt Monstra, e questo è il mio blog, dove vi parlo prevalentemente di artigianato e ispirazione. Scrivere è una mia grande passione, spero di riuscire a coinvolgervi nel mio lavoro e nel mio mondo anche tramite i miei post.



Gioiello con serpente e luna piena

Da anni sono innamorata della Luna, non solo della sua presenza fisica ma anche dei suoi riferimenti simbolici, della mitologia e di tutte le leggende di cui è protagonista.


E così, mentre quest'anno riporto tutta la magia delle Lune piene del folklore nel mio immaginario creativo, ho deciso di accompagnare ciascuna Luna piena con un racconto.


La Luna del Vento è carica delle prime energie primaverili, ancora un po' instabili, e parla di rinnovamento e di rinascita, ma anche di coraggio e di scosse che, come una tempesta, spazzano via abitudini e certezze.




Spesso abbiamo un'immagine fiabesca della capacità di rinascere, come se fosse una cosa ovvia, che accade da sé. Rinascere, invece, richiede consapevolezza, amore per se stesse, determinazione. Richiede un lavoro interiore che è come quello del verme nella terra: scavare, scavare, scavare... Solo così il nostro terreno sarà pronto a conoscere il nuovo.


Non a caso, questa Luna è conosciuta anche come Luna del Verme.

Da una parte, quindi, ci aiuta a spazzare via il vecchio con un energico colpo di vento, dall'altra ci spinge a creare fertilità dei nostri desideri.


In questo racconto ho intrecciato un'ambientazione retrò e un'atmosfera magica. C'è una protagonista umana che all'improvviso scivola in un racconto di fate, per poi tornare alla realtà, sì, ma molto più consapevole di prima. E molto più felice.

Spero possa accadere anche a voi.



© Simona Bonanni - marzo 2025



"I pensieri se li porta via il vento" le diceva sempre Tata Rubinia.

Da bambina Gemma la chiamava Fata Rubinia, forse per il suo aspetto sempre sereno e gioioso, forse perché per lei era una presenza costante e preziosa, più di una madre (che non vedeva quasi mai): una Fata Madrina, insomma.


Ma Tata Rubinia non c’era più da molti anni. Quella sera, guardando la Luna piena, Gemma si chiese ancora una volta come sarebbe stata la sua vita se la sua tata fosse stata ancora accanto a lei, a consigliarla, a darle forza. Ne aveva tanto bisogno, adesso che la sua famiglia l’aveva promessa in sposa a un uomo che non amava, mentre il suo cuore anelava solo ad abbandonare il suo nido per dedicarsi all’arte e allo studio. Pura follia, ma anche pura felicità.


Sollevandosi pesantemente dal divano in broccato, Gemma sospirò e si avvicinò lentamente al bovindo che dava sul parco della sua tenuta. La valle era spazzata da un gelido vento, e nel cielo notturno, illuminato dalla Luna, i rami già carichi di piccoli germogli marzolini le apparvero fragili e in pericolo.


"Tata mia, che mi avresti consigliato?" mormorò. E le venne voglia di andare a cercare risposte proprio in giardino, tra quelle piante che così spesso l'avevano vista giocare spensierata.

Che le importava del vento? Se fosse stata in una fiaba, avrebbe desiderato di essere sollevata e portata lontano. Ma quella era la vita vera. Avvolta nel suo scialle più pesante, si aggirò inquieta tra gli alberi, immaginando una fuga avventurosa, una libertà che sembrava impossibile. Poi alzò lo sguardo alla Luna e sussurrò: "Chissà se ti arrivano i miei desideri."


Fu proprio in quel momento che accadde ciò che Gemma aveva solo immaginato: un colpo di vento più forte degli altri la sollevò da terra come una foglia secca. Incredula e impaurita, Gemma venne trasportata più in alto e sempre più lontano, finché la Luna non le sembrò vicinissima. E poi perse i sensi.


Quando si svegliò capì che aveva sognato. Insomma, doveva aver sognato per forza! Eppure la stanza in cui si trovava, seppur arredata con eleganza, non era la sua. Forse si era già sposata e non lo ricordava?

"Bambina mia, ben svegliata!"

Era la voce di Tata Rubinia. Com'era possibile?

"Sto ancora sognando?" bisbigliò quasi tra sé Gemma.

"Spero vivamente di no!" La tata apparve davanti suoi occhi, ed era decisamente viva e bene in carne. "Su su, la Gran Madre delle Fate ti aspetta. E non sei l’unica: chi non si presenta, non avrà una seconda occasione!"

Rubinia afferrò Gemma per le mani, tirandola via dal letto come quando da bambina dormiva troppo e rischiava di far tardi a qualche evento di famiglia.

"Tata, ma tu eri..." mormorò la ragazza.

"Morta? Ma per carità! Sono solo tornata a casa! Qua avevano bisogno di me. Cose da fate. Ma sapevo che ci saremmo riviste. Perché tu non mi avresti dimenticata. E infatti eccoti qua."

Mentre le diceva tutto questo con il suo solito piglio allegro e leggero, Rubinia aveva giù infilato a Gemma un abito sgargiante, color del muschio.

"Tata, io non capisco!" Gemma si sentì travolta, confusa.

Rubinia si fermò e la guardò con dolcezza. "Hai ragione, piccola mia. Ma non abbiamo tempo. Devi decidere chi sei e cosa vuoi, e in fretta. O ti faranno sposare quell’uomo e…" fece spallucce, come a dire: "Non ci sarà più niente da fare."

"Ma quindi tu sei davvero una Fata?"

"Certamente. Fata Rubinia, in carne, ossa e raggi di luna. Ma tu lo sapevi già, no?"


E così, mentre la conduceva, con una certa fretta, lungo uno sfarzoso corridoio, Rubinia spiegò a Gemma che le fate avevano ascoltato la sua richiesta di aiuto. Anche se a Gemma sembrava di non averne mai fatta veramente una, i suoi affanni e le sue preoccupazioni avevano erano arrivate lassù, sulla Luna (che era esattamente dove si trovavano), dove la Gran Madre delle Fate le aveva riservato un incontro speciale.

A questo incontro non era sola: ogni fata aveva portato una sua pupilla bisognosa di coraggio. A ciascuna di loro la Gran Madre delle Fate avrebbe donato uno speciale vaticinio.

"Queste cose accadono solo con la Luna piena," disse Rubinia a Gemma "e nel mondo delle fate, ovviamente."


La sala era gremita di fanciulle, ed era carica di strane energie. Paure, dubbi, ma anche desideri e ambizioni.

Gemma cercò di scorgere la Gran Madre, ma era nascosta dietro un paravento color del cielo stellato, ed era impossibile vederla finché non te la trovavi davanti. Però notò una fanciulla uscire dal suo incontro con una corona, un'altra con un cavallo, un'altra ancora con una spada. Per non parlare di quella che entrò donna e uscì uomo! Quando toccò a lei, Gemma non stava più nella pelle. Neanche sapeva cosa doveva chiedere o come chiederlo, ma era carica di emozione.


Dietro il paravento l'aspettava una bambina, dai capelli bianchi come i raggi lunari, un abito sgargiante che le stava addosso come se avesse una vita propria. La Gran Madre delle Fate era tutta presa da un ricamo coloratissimo che ricordava il disegno di una foresta. Neanche la guardò e Gemma non sapeva cosa dire. Dopo qualche minuto di silenzio, senza alzare gli occhi dal suo lavoro, la bambina le parlò:

"Ti ha portata il vento, e adesso sei pura. Ma questo non basta a risolvere i tuoi dilemmi. I pensieri se li porta via il vento, ma cosa ti rimane? Un vuoto che va riempito."


Gemma era imbarazzata. Era davvero quello che aveva bisogno di sapere? A malapena capiva perché era lì.

"Prendi quella scatolina e aprila," le disse la Gran Madre delle Fate, indicandole con un dito una piccola scatola di legno appoggiata su un tavolino davanti a lei. Gemma ubbidì immaginando di trovarci un piccolo gioiello, o magari una risposta scritta in rima baciata. Trovò invece un pugnetto di terra e un verme.


Gemma si sentì avvampare. Ricordando la corona, la spada, il cavallo delle altre ragazze, si chiese perché a lei fosse toccato uno stupido, orribile verme.

"Cosa mi state rivelando, Gran Madre delle Fate?" sbottò. "Che sono una vigliacca? O che finirò i miei giorni nella terra come tutte, e che quindi le mie aspirazioni sono vane?"

La Gran Madre delle Fate scoppiò in una risata cristallina.

"Sciocca lo sei di sicuro. Educata ai simboli del potere, non sai vedere i significati delle piccole cose. Ma dovrai imparare, se vuoi cambiare la tua vita. Questo è il mio dono, e andrò a spiegarti ciò che significa. Per una volta sola. Spero che capirai. Il verme è un amico prezioso della terra e della natura. Distrugge ciò che non serve e lo trasforma in concime. Senza quel concime, nulla crescerebbe. Nella tua vita tu devi essere come quel verme, lavorare il tuo terreno, concimarlo, rendere la tua terra fertile per i tuoi sogni. Costerà? Oh, molto. Ma sempre meno che vivere una vita senza gioia, alla mercé della volontà altrui."


Finalmente la Gran Madre delle Fate la guardò. In quegli occhi di bambina c'era un saggezza semplice e antica alla quale Gemma non osò replicare. Prese la sua scatolina e si allontanò dal paravento.

Fuori di lì l'aspettava Rubinia.

"Tu sapevi che avrei avuto un verme?" le chiese Gemma.

"Nessuno sa che cosa sceglie per ciascuna di voi la Gran Madre. Neanche le Fate Madrine. Ma questa è la tua occasione per cambiare la tua vita. Io non la sprecherei."

Rubinia le stampò un bacio in fronte, come faceva quando Gemma era solo una bambina. "Sarò sempre con te. Ogni volta che ne avrai bisogno." Gemma cadde addormentata.


"I pensieri se li porta via il vento" le diceva sempre Fata Rubinia. Glielo diceva ogni volta che Gemma la sognava e le confidava i suoi dubbi. Perché ne aveva ancora molti. Oh sì. Ogni volta che ne risolveva uno, se ne affacciavano di nuovi. E allora si ricordava del verme, si scavava dentro, cercava risposte, soluzioni, faceva spazio, concimava. Era faticoso, e anche terribilmente bello, lavorare per la propria felicità.


Contro ogni aspettativa, e superati ostacoli e pregiudizi, Gemma era diventata una scrittrice e una pittrice. Raccontava fiabe di donne coraggiose, che impugnavano spade e sfoderavano penne, e partivano all'avventura. Dipingeva quadri onirici, in cui spesso la protagonista era una bambina dai capelli bianchi come raggi di Luna e con abiti sgargianti, che sembravano crescerle attorno come piante.


E quando soffiava il vento e la Luna era piena, Gemma sapeva che era la risata delle Fate quella che sentiva risuonare tra i rami degli alberi.






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